Intervista a Marco Antonucci
Ci sono incontri che lasciano un segno profondo, capaci di aprire nuove prospettive e di accendere domande che prima non ci eravamo posti. Il nostro recente dialogo con Marco Antonucci, tra i massimi esperti italiani di olio extravergine di oliva, è stato proprio questo: un momento di confronto prezioso che ci ha aiutato a leggere il mondo dell’olio con occhi diversi.
Giornalista, architetto, assaggiatore professionista di olio con qualifica di capo panel, Marco è da tanti anni impegnato a livello internazionale nella diffusione della cultura dell’extravergine e dell’analisi sensoriale attraverso conferenze, corsi, incontri, guide, articoli e pubblicazioni di carattere sia divulgativo che universitario.
Marco ha dedicato la sua vita alla divulgazione, all’educazione al gusto e alla difesa della qualità: dal 2018 lo fa anche attraverso “Gocce d’Olio” il primo e unico Podcast in italiano e inglese dedicato all’olio di oliva. La sua voce è una delle più autorevoli in Italia quando si parla di olio e il suo impegno ha contribuito a far crescere la consapevolezza verso un prodotto che è al tempo stesso alimento, cultura e identità.
Per noi di Fine Taste è un onore ospitarlo: non solo perché ha apprezzato il nostro progetto, ma perché ha deciso di metterci a disposizione il suo enorme patrimonio di conoscenze, permettendoci di condividerlo con la nostra community. È da qui che nasce questa intervista, un’occasione per ascoltare il suo punto di vista e avvicinarci a un mondo che merita di essere raccontato con profondità e passione.
Marco, come è iniziato il tuo viaggio nel mondo dell’olio e quali sono stati i momenti chiave che ti hanno portato a diventare uno dei massimi esperti italiani?
Mi sono sempre occupato di “cibo”. Dopo l’università ho focalizzato l’attenzione sul mondo dell’olio perché non riuscivo a capire come mai mia nonna, contadina abruzzese, faceva un olio a dir poco disgustoso. Eppure raccoglieva le olive a mano da olivi secolari, le faceva riposare qualche giorno prima di portarle nell’antico frantoio a macine del paese e poi lo riponeva in bottiglioni di vetro che non venivano mai lavati: l’immaginario medio negli anni 80 e ancora oggi di molti consumatori!
In Italia si parla molto di vino, ma meno di olio extravergine. Secondo te, perché questo prodotto così centrale nella nostra alimentazione non ha ancora la stessa attenzione culturale e comunicativa?
L’Italia ha un patrimonio olivicolo invidiato ovunque perché su 1250 cultivar censite nel mondo circa 700 si trovano in Italia e poco meno di 550 sono correntemente coltivate e utilizzate per produrre olio.
Nonostante ciò l’olio sta perdendo personalità perché un senso di “parodia del moderno” sta invadendo il mercato: l’insicurezza dei produttori spesso più interessati alla resa economica immediata ha impedito la creazione di un’unione, di un movimento capace di esportare quello che è lo “stile italiano” e cioè la biodiversità, la possibilità di avere infinti tipi di extravergine. Il mercato è orientato a nuovi impianti basati su poche e fruttuose cultivar che stanno sempre più riducendo le differenze di gusti e sapori, amplificando (in una sorta di parodia moderna per l’appunto) concetti come “prima spremitura” “bassa acidità” e “tradizione” che nulla hanno a che fare con le potenzialità che l’olivicoltura può esprimere, ma che spesso sono un metodo gentile e delicato per camuffare la parola “vecchio” e condire l’insalata con le parole.
Quanto conta l’olio extravergine nella definizione dell’identità gastronomica e culturale dei territori italiani?
Sicuramente l’aspetto forse che ha il miglior rapporto investimento/ritorno economico è quello di invitare i clienti a visitare l’azienda, il luogo di produzione. In questo modo, anche se non si hanno certificazioni, premi, attestati, è possibile far percepire come e cosa si lavora e far valutare direttamente i prodotti: quale migliore conferma della passione, della competenza e dell’origine? E soprattutto: se vieni sul mio lago – per fare un esempio - ed acquisti una bottiglia di olio acquisti un pezzo del luogo da cui proviene ed a casa quando lo userai sicuramente ricorderai i luoghi che hai visitato e magari li condividerai con i commensali. Il luogo di produzione è fondamentale nel racconto di questo prodotto.
Quali sono gli errori più comuni che i consumatori fanno quando acquistano olio e quali consigli daresti per imparare a riconoscere un vero extravergine di qualità?
Più che di errori, parlerei proprio di convinzioni sbagliate. Per citare quelle più comuni: l’extravergine è più calorico rispetto all’olio di semi; l’olio del contadino o dell’amico è sempre migliore di quello del grosso produttore o di quello industriale; l'olio extravergine che pizzica in gola è acido, quindi di scarsa qualità; l’olio per cucinare è diverso da quello per condire; l’olio non filtrato è più genuino; l’olio deve essere conservato sempre nella stessa bottiglia/contenitore che così mantiene il sapore; l’olio di prima spremitura a freddo è migliore; un olio extravergine a bassa acidità è sempre migliore di uno ad alta acidità; l'olio di semi è migliore per friggere perché più leggero e digeribile…
Come imparare quindi a riconoscere un vero extravergine di qualità? Si usa lo stesso sistema che si usa per il vino! Assaggiare, confrontare, informarsi e condividere.
Quali sono oggi le principali difficoltà che i produttori di olio italiani devono affrontare e cosa servirebbe per valorizzarli di più, in Italia e all’estero?
Si deve superare la diffidenza degli olivicoltori fra di loro e la diffidenza verso chi cerca di propagandare fra di essi nuove buone idee.
Si deve conoscere bene ciò che si vende e si deve avere ben presente a chi lo si vuole vendere e come lo si vuole vendere, rimanendo sempre concentrati sui dettagli del prodotto e del cliente.
Perché chi può davvero valorizzare l’extravergine italiano e fare il mercato, fare la differenza, è chi lo produce: sembra un’affermazione banale e scontata, ma i produttori sono davvero consapevoli di ciò quando si apprestano a imbottigliare il loro prodotto?
In un settore così legato alla terra e alle radici, quale ruolo può giocare l’innovazione senza tradire la tradizione?
L’olivicoltura non è più solo zappa e potatore. Oggi è fondamentale pensare a nuove figure che solo 15 anni fa non esistevano perché il lavoro cambia volto, si evolve, nascono nuove professionalità, come il tecnico di agricoltura di precisione che per esempio sa usare i droni per monitorare gli ulivi, il data analyst rurale che sa leggere le analisi del terreno e consigliare interventi mirati, il facilitatore agroecologico, che cura la comunicazione e la vendita diretta dell’olio, raccontando la storia di ogni bottiglia, oppure ancora chi progetta le filiere corte, tracciabili e partecipative, perché Il consumatore non vuole solo qualità: vuole sapere da dove viene il prodotto, come è stato coltivato e da chi.
Queste figure non tolgono valore al lavoro tradizionale. Anzi, lo rafforzano perché il futuro è fatto di collaborazione tra saperi antichi e competenze nuove.
Oggi le cooperative giovanili sono uno degli strumenti più versatili e snelli e la possibilità di fare rete e condividere le attrezzature e le conoscenze non è mai stata così semplice, è sufficiente avere un cellulare: condividere e cioè collaborare vuol dire risparmiare, ma anche contare di più; fare rete permette di avere più voce, accedere a fondi pubblici, vendere meglio.
Tu hai scritto tantissimo per formare e informare sul mondo dell’olio. Quanto è importante insegnare a “degustare” l’olio così come si fa con il vino?
L’olio – come l’aceto per esempio - non si beve come il vino: ecco perché è molto importante insegnare un approccio corretto per comprenderne pregi e difetti organolettici.
Come si assaggia l'olio?
Nelle manifestazioni gastronomiche, nelle fiere o nei mercati l’olio viene fatto solitamente assaggiare sul pane; nelle trasmissioni televisive viene degustato con verdura cruda o versato a completamento di piatti più o meno elaborati. Il vino invece è servito in appositi bicchieri di degustazione, che vengono lavati tra un assaggio e l’altro per non mischiare i profumi e i sapori, in TV è descritto utilizzando bicchieri abbinati e non si cuoce un brasato per degustare un vino.
Perché un qualsiasi prodotto deve essere assaggiato da solo, senza altri elementi che potrebbero disturbare o falsare il gusto. Un pezzo di cioccolato, un formaggio, un salume… si assaggiano da soli senza pane o altri accompagnamenti.
Una cosa normale questa che sembra fare eccezione per l’olio, la cui degustazione solitaria nel bicchiere lascia ancora molte persone di stucco.
Spesso si sottovaluta il ruolo dell’olio in cucina. Ci puoi raccontare come un grande extravergine possa trasformare un piatto semplice?
Molto semplicemente: a parte qualche eccezione, quando il cuoco (o chi per esso) smette di pensare all’olio come ad un costo ed inizia a considerarlo una risorsa sia sotto l’aspetto economico che sensoriale.
Guardando avanti, quali sono i trend che secondo te segneranno il futuro dell’olio extravergine, in Italia e nel mondo?
La domanda mondiale di olio di oliva in generale corre di pari passo all’offerta: se pensiamo che in India, in Cina, in Russia (solo per citare tre nazioni) è un prodotto pressoché inutilizzato… direi che il trend non potrà che essere positivo!
Hai accettato di condividere con noi la tua esperienza e i tuoi articoli: cosa ti ha colpito del nostro progetto e cosa pensi possa dare un’iniziativa come Fine Taste alla cultura dell’olio?
Chi vende olio soprattutto attraverso la rete deve conoscere il prodotto ed essere in grado di veicolarlo al cliente che lo apprezza: diversamente è un semplice scaffale che invece di trovarsi in un supermercato si trova in rete. Vi ho incontrato per la prima volta in un campo di olivi: credo che questo sia l’approccio migliore per conoscere il prodotto e poterlo raccontare ai propri clienti!
Ringraziamo di cuore Marco Antonucci per aver condiviso con noi la sua esperienza e la sua visione. La sua voce autorevole ci ricorda quanto l’olio extravergine non sia solo un ingrediente, ma un patrimonio culturale e identitario da proteggere e valorizzare.
Invitiamo i nostri lettori a scoprire di più attraverso il suo progetto “Gocce d’Olio” https://www.oliveoildrops.com una risorsa fondamentale, per chiunque voglia approfondire il mondo dell’olio.
Per Fine Taste, questo incontro rappresenta un ulteriore passo nel nostro cammino: dare spazio a conoscenze autentiche, condividere saperi preziosi e contribuire alla costruzione di una comunità più consapevole. Perché solo comprendendo a fondo ciò che portiamo in tavola possiamo davvero apprezzarne il valore.